All'indomani della tribolata -
e non ancora del tutto chiara - vittoria alle elezioni, Romano Prodi aveva annunciato che lui sarebbe stato il
Presidente di tutti gli italiani. Lui, politico
serio, avrebbe tentato di ricucire il Paese.
Poi e' stata la volta di Bertinotti, Presidente della Camera, rammentare al popolo italiano adunato (ma alle operaie e agli operai soprattutto...) che anche lui sarebbe stato il
Presidente di tutti.
Non c'e' due senza tre. Franco Marini, al termine della via crucis per eleggerlo, dopo aver (sarcasticamente?) ringraziato
quel gran genio del suo amico Tremaglia, rassicura la folla che, anche lui certo, sara'
il Presidente di tutti gli italiani. Qualcuno ci avra' anche creduto e allora, si saranno domandati quelli dell'Unione, perche' non provare a fare anche del Presidente della Repubblica l'ennesimo
Presidente di tutti? Detto fatto.
Succede che per ricucire il Paese, quelli dell'Unione preferiscano viaggiare per conto loro, e anziche' proporre, come di prassi accade, un ventaglio di nomi in una qualche sintonia con l'opposizione, ne mostrino soltanto uno. O due al
Massimo.
Succede che, stranamente, il nome (o i due al
Massimo) di cui si parla non siano, per cosi' dire, quei personaggi di alto profilo istituzionale di cui l'Italia avrebbe bisogno, e neanche quelli che bisognerebbe proporre nel
prodiano interesse del Paese.
Succede che alle parole non seguono i fatti.
Destra, sinistra e centro avrebbero gradito un Ciampi-bis, o un'elezione di un uomo "alla Ciampi". Cosa pensa bene di fare l'Unione allora? Propone prima D'Alema, e poi - per non bruciarsi la sua punta di diamante -
manda in avanscoperta Giorgio Napolitano.Un personaggio di alto profilo istituzionale, si diceva,
uno alla Ciampi.
Il Presidente della Repubblica uscente venne eletto a guida del Colle dopo essere stato Governatore della Banca d'Italia dal 1979 al 1993, ministro del governo tecnico del 1993/1994, Ministro del Tesoro (da tecnico) negli anni 1996-1999. Piu' d'una simpatia a sinistra, non v'e' dubbio, ma nulla di eclatante.
Giorgio Napolitano, la personalita' dal profilo istituzionale forte di cui ama
disquisire Fassino,
vanta in effetti un curriculum di tutto rispetto. Di tutto rispetto certo, se la nostra capitale fosse Mosca e invece del Po in Italia avessimo il Volga. Dopo la
giovanile adesione in prima linea al Partito Comunista (dopo essere entrato, a partire dal X congresso, nella direzione nazionale del partito fu anche più volte capogruppo alla Camera dei Deputati del PCI)
alla fanciullesca eta' di 64 anni abbandona i comunisti, nel 1989 si dimette dalla carica di Ministro degli Esteri nel governo-ombra del PCI dichiarandosi favorevole alla trasformazione in Partito Democratico della Sinistra. Paolo Flores D'Arcais lo ricorda come
"un politico che riassume l’intera vicenda del comunismo italiano". Sempre il D'Arcais, gia' direttore del sinistroide Micromega,
scrive:
Giorgio Napolitano si segnala per un’onesta carriera di buon funzionario di partito, che ha percorso l’intero cursus honorum di dirigente del Pci prima e del post-Pci (con i suoi vari nomi, concludendo come ministro dell’Interno), compresi gli anatemi dell’VIII congresso (o era il VII?) contro gli insorti ungheresi e Antonio Giolitti che, tra i dirigenti Pci, ne aveva preso le difese (troppo in anticipo, nella sua scelta democratica, per essere lui un senatore a vita?). E per l’ostilità di corrente amendoliana contro Pietro Ingrao, che al X congresso chiedeva il diritto al dissenso. O per l’altro anatema, e conseguente voto di espulsione, per i «compagni del Manifesto», che quel diritto al dissenso lo avevano esercitato. Che in questa onesta, e a suo modo esemplare, vita di dirigente del Pci, la presenza di «altissimi meriti» sia di evidenza macroscopica a più d’uno era fin qui sfuggito.Ma il futuro
Papa Napolitano e' anche
scrittore di successo. In questa sede non possiamo omettere di citare il suo bestseller - l'autobiografia politica, come lui stesso la definisce -
"Dal Pci al socialismo europeo". Speriamo proprio lo eleggano. Sara' il
Presidente di tutti. Su questo, non c'e' dubbio.
La realta' che ci si profila davanti parrebbe dunque questa: oggi - e' chiaro - si andra' incontro ad un nulla di fatto.
L'Unione spera che si arrivi alla quarta votazione il prima possibile, cosi' da poter riproporre D'Alema,
il candidato reale al Colle, ed eleggerlo quando sara' sufficiente che si votino loro stessi e basta. Nella peggiore delle ipotesi, andra' su Napolitano, comunista doc anche lui.
Quindi poco male:
il gioco della seggiola avrebbe comunque un vincitore adatto ai loro divertentismi di potere. E avrebbe in ogni caso un perdente: la democrazia italiana.
Nella foto: un altro Baffino papabile.