E' di ieri l'editoriale di
Paolo Mieli sul
Corriere della Sera che invita i lettori del suo quotidiano a votare per il centrosinistra. Come era lecito attendersi (e forse, diciamoci la verità, era proprio questo che voleva il direttor Mieli), sono arrivate puntuali le polemiche da parte di molti esponenti della
Casa delle Libertà . Addirittura nella puntata di ieri sera di
Porta A Porta, il premier
Berlusconi ha affermato che non si è scoperto nulla di nuovo, che i lettori del
Corriere ben sapevano, leggendo il loro quotidiano preferito, di avere tra le mani qualcosa di
"molto simile all'Unità". E forse Berlusconi ha colto nel segno. Ma il punto, a mio parere, non è questo. L'editoriale di Mieli deve far riflettere. Per più di una ragione.
Il direttore scrive:
"[...]siamo convinti che la coalizione costruita da Romano Prodi abbia i titoli atti a governare al meglio per i prossimi cinque anni anche per il modo con il quale in questa campagna elettorale Prodi stesso ha affrontato le numerose contraddizioni interne al proprio schieramento". Siamo proprio sicuri che i lettori del Corriere (mi annovero anch'io in questo gruppo) siano proprio così allocchi? E' proprio convinto il direttor Mieli di non aver scritto delle castronerie? Siamo proprio certi che sia quella raccontata nell'editoriale la realtà dei fatti? Se sì, non se n'è accorto nessuno.
Affrontare le numerose contraddizioni interne non vuol dire produrre un programma di 281 pagine, raffazzonato per accontentare (sulla carta, si sa) il maggior numero di partiti possibili.
Affrontare le numerose contraddizioni interne non vuol dire non essere d'accordo, ancor prima di iniziare l'avventura al Governo, su
Iraq, Pacs, Tav, et similia. Affrontare le numerose contraddizioni interne non vuol dire essere compiacenti di fronte all'impossibile, dare un colpo alla botte e uno al cerchio: diminuire il cuneo fiscale di 5 punti percentuali senza toccare i costi previdenziali (Rifondazione non approverebbe: e se Rifondazione dice no, Prodi saluta la poltrona).
Inoltre,
come si permette Paolo Mieli ad esprimere una sua personale opinione in un Paese (i sinistroidi amamo dimostrare quasi quotidianamente che i media sono imbrigliati da Berlusconi) in cui la libertà di espressione/stampa non esiste? Oppure essa appare e scompare come le lucette intermittenti su un albero di Natale? Oppure, peggio ancora, c'è la libertà di parteggiare per le sinistre, ma non quella di esaltare l'operato di un governo (unica colpa dell'esecutivo: essere di centrodestra)?
Proviamo anche solo a immaginare quali sarebbero state le reazioni ad un editoriale "a parti invertite". Si sarebbe inneggiato al controllo del Presidente del Consiglio sui media, al regime tout court (è già tristemente accaduto tutto ciò, la mia non è una prospettiva astratta).
La partita per le elezioni di aprile non è, ovviamente, ancora chiusa. Ma questi atteggiamenti ipocriti e contraddittori che caratterizzano molta parte della sinistra odierna influiranno sul voto primaverile. E come può sperare Mieli che persone anche solo distrattamente vicine al mondo della politica non traggano le dovute conclusioni da simili comportamenti?