La ricerca che presenterò in questo post credo sarà impossibile da reperire in quotidiani indipendenti come
Repubblica,
Unità,
Corriere della Sera. Forse ne troveremo traccia nei giornali controllati da Berlusconi (cioè, vale sempre la pena di ricordarlo,
tutti). Lo studio presentato di seguito analizza
il costo del lavoro nelle principali potenze mondiali, e riferisce che l'Italia si piazza nelle primissime posizioni, al terzo posto. Trattandosi di un'analisi biennale, il punto di inizio della ricerca è da collocarsi nel 2003, in pieno governo Berlusconi...Ma allora come è possibile aver raggiunto questo ottimo risultato (ricordiamo che il governo di centrodestra, a detta dei mancini avversari, ha creato soltanto danni reversibili)?
Sempre più spesso accade che i numeri contrastino con la logica stringente dei nuovi sinistrodi italiani, che, pur di non far crollare i loro teoremi disfattisti, barano dimenticando ipotesi fondamentali e azzardando passaggi improponibili. E soprattutto ci si chiede: come è possibile che Montezemolo dica che in Italia fare impresa è difficile? Gli imprenditori veri, quelli che ancora lavorano e che non si sono ancora dati alla politica da quattro soldi, sanno che Montezemolo sbaglia, per questo a Vicenza hanno applaudito. Anche per questo che leggerete qui sotto:
Costa poco avviare un’attività imprenditoriale in Italia. A detta della società di revisione statunitense Kpmg, il BelPaese vanta “il più basso costo del lavoro” tra le nazioni europee e, nel confronto generale su tassazione, costi energetici, trasporti, imposizione fiscale, si classifica solo al terzo posto dietro Canada e Singapore.
E’ quanto emerge da uno studio comparativo, “Competitive Alternatives”. Tale ricerca biennale, giunta alla sua sesta edizione, “prende in considerazione i costi di business in Canada, Francia, Italia, Germania, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti - ovvero i Paesi del G7 - più Olanda e Singapore”. Inoltre lo studio “confronta l'incidenza di un paniere di 27 fattori di costo in 17 settori, al netto delle tasse e in un arco temporale di 10 anni”.
Dati alla mano è Singapore lo Stato più conveniente che raggiunge un coefficiente pari a 77,7, seguita dal Canada (numero uno tra i Paesi del G7) con un coefficiente pari a 94,5. A seguire la Francia (prima nel vecchio continente), classificatasi al terzo posto complessivo con un coefficiente pari a 95,6, seguita dall'Olanda (con coefficiente pari a 95,7) e dall’Italia, con un risultato pari a 97,8. Meno bene Regno Unito, sesto con un coefficiente pari a 98,1, e Stati Uniti (100). Fanalino di coda per Giappone (coefficiente 106,9) e Germania, con 107,4.
Tra le città in cui risulta più vantaggioso avviare un’attività spicca Amsterdam, seguita da Torino, mentre Napoli si piazza al quarto posto tra le città medio grandi. Nel confronto tra le città con più di due milioni di abitanti è ancora Singapore a svettare per convenienza superando Montreal, Atlanta, Toronto e Tampa, mentre tra le più popolose, quella con i costi di “business” più elevati è New York, seguita da Francoforte, Londra e San Jose.
Per Stefano Tamiazzo, partner Kpmg e responsabile del progetto di ricerca per l’Italia, tali dati rivelano che l’Italia si colloca in una posizione intermedia sotto il profilo dei costi d'impresa rispetto ai Paesi analizzati ma c’è ancora molto da fare. “In questi ultimi due anni ci siamo mossi lentamente”, ha affermato, “Occorre sempre di più agire, facendo convergere pubblica amministrazione, industria, sistema finanziario e parti sociali per sviluppare politiche territoriali adeguate per fare efficienza e recuperare fiducia agli occhi dei grandi operatori economici internazionali”.
tratto da MiaEconomia, articolo a firma di Michela de Carlo