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sabato, marzo 25, 2006

[POLITICA] In Italia il lavoro costa poco.

La ricerca che presenterò in questo post credo sarà impossibile da reperire in quotidiani indipendenti come Repubblica, Unità, Corriere della Sera. Forse ne troveremo traccia nei giornali controllati da Berlusconi (cioè, vale sempre la pena di ricordarlo, tutti). Lo studio presentato di seguito analizza il costo del lavoro nelle principali potenze mondiali, e riferisce che l'Italia si piazza nelle primissime posizioni, al terzo posto. Trattandosi di un'analisi biennale, il punto di inizio della ricerca è da collocarsi nel 2003, in pieno governo Berlusconi...Ma allora come è possibile aver raggiunto questo ottimo risultato (ricordiamo che il governo di centrodestra, a detta dei mancini avversari, ha creato soltanto danni reversibili)? Sempre più spesso accade che i numeri contrastino con la logica stringente dei nuovi sinistrodi italiani, che, pur di non far crollare i loro teoremi disfattisti, barano dimenticando ipotesi fondamentali e azzardando passaggi improponibili. E soprattutto ci si chiede: come è possibile che Montezemolo dica che in Italia fare impresa è difficile? Gli imprenditori veri, quelli che ancora lavorano e che non si sono ancora dati alla politica da quattro soldi, sanno che Montezemolo sbaglia, per questo a Vicenza hanno applaudito. Anche per questo che leggerete qui sotto:

Costa poco avviare un’attività imprenditoriale in Italia. A detta della società di revisione statunitense Kpmg, il BelPaese vanta “il più basso costo del lavoro” tra le nazioni europee e, nel confronto generale su tassazione, costi energetici, trasporti, imposizione fiscale, si classifica solo al terzo posto dietro Canada e Singapore.

E’ quanto emerge da uno studio comparativo, “Competitive Alternatives”. Tale ricerca biennale, giunta alla sua sesta edizione, “prende in considerazione i costi di business in Canada, Francia, Italia, Germania, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti - ovvero i Paesi del G7 - più Olanda e Singapore”. Inoltre lo studio “confronta l'incidenza di un paniere di 27 fattori di costo in 17 settori, al netto delle tasse e in un arco temporale di 10 anni”.

Dati alla mano è Singapore lo Stato più conveniente che raggiunge un coefficiente pari a 77,7, seguita dal Canada (numero uno tra i Paesi del G7) con un coefficiente pari a 94,5. A seguire la Francia (prima nel vecchio continente), classificatasi al terzo posto complessivo con un coefficiente pari a 95,6, seguita dall'Olanda (con coefficiente pari a 95,7) e dall’Italia, con un risultato pari a 97,8. Meno bene Regno Unito, sesto con un coefficiente pari a 98,1, e Stati Uniti (100). Fanalino di coda per Giappone (coefficiente 106,9) e Germania, con 107,4.

Tra le città in cui risulta più vantaggioso avviare un’attività spicca Amsterdam, seguita da Torino, mentre Napoli si piazza al quarto posto tra le città medio grandi. Nel confronto tra le città con più di due milioni di abitanti è ancora Singapore a svettare per convenienza superando Montreal, Atlanta, Toronto e Tampa, mentre tra le più popolose, quella con i costi di “business” più elevati è New York, seguita da Francoforte, Londra e San Jose.

Per Stefano Tamiazzo, partner Kpmg e responsabile del progetto di ricerca per l’Italia, tali dati rivelano che l’Italia si colloca in una posizione intermedia sotto il profilo dei costi d'impresa rispetto ai Paesi analizzati ma c’è ancora molto da fare. “In questi ultimi due anni ci siamo mossi lentamente”, ha affermato, “Occorre sempre di più agire, facendo convergere pubblica amministrazione, industria, sistema finanziario e parti sociali per sviluppare politiche territoriali adeguate per fare efficienza e recuperare fiducia agli occhi dei grandi operatori economici internazionali”.

tratto da MiaEconomia, articolo a firma di Michela de Carlo

venerdì, marzo 24, 2006

[POLITICA] La verita' ragionata sulla questione vicentina

Si è parlato fin troppo nei giorni passati dello strappo di Vicenza. Berlusconi prima rinuncia a partecipare alla convention di Confindustria a Vicenza ufficialmente per motivi di salute, poi si presenta con la schiena ancora dolorante e intrattiene a suo modo la folla. L'analisi della giornata risulta però ai più difficile, perchè l'importante riunione nazionale degli industriali coincide casualmente con la giornata di sciopero dei giornalisti. La carta stampata insomma agli appuntamenti importanti si lascia trovare impreparata. La mancanza di notizie di prima mano (come ci si poteva attendere) fomenta la possibilità di lasciarsi andare a narrazioni mitiche riguardo la mattinata vicentina, così, in base alle testate che nei giorni successivi si sceglie di consultare, l'intervento di Berlusconi diventa uno "show" (Corriere della Sera, show è ovviamente inteso in senso ironico-negativo), "grido di disperazione" (la Repubblica, sempre molto equilibrata e parca nei commenti), "intervento che strappa applausi" (Ansa, agenzia di stampa).
Come sempre, la volontà di chi vuole informarsi veramente deve essere quella di andare a fondo nelle notizie che i quotidiani ci propinano in tempi e modi che oramai controllano solo loro. Così, se per Repubblica quello di Berlusconi non è nulla di più di un attacco disperato da parte di un uomo alla frutta, se si ha la pazienza (e la voglia soprattutto) di leggere le interviste rilasciate dalle autorità in questione ci si accorge che Matteo Riello (presidente degli Industriali del Veneto) non è per nulla meravigliato dell'accoglienza calorosa riservata al discorso del Presidente del Consiglio: La platea rappresentativa degli imprenditori del Nordest rispecchia un orientamento di centrodestra, recita una sua dichiarazione. Il presidente degli industriali di Rovigo, Giuseppe Reato, fornisce la propria testimonianza: Berlusconi a Vicenza ha parlato con il cuore e gli imprenditori lo hanno capito. Poi spunta Celeste Bortoluzzi, presidente di Assindustria Belluno, secondo cui sostenere che a Vicenza Berlusconi si era organizzato una claque è una strumentalizzazione vergognosa. Infine, non per motivi geografici, ma per peso “politico” all’interno di Confindustria, non è da trascurare la posizione più sfumata per fuori dal coro di Costanzo Iannotti Pecci, presidente di Federturismo, secondo cui a Vicenza gli imprenditori hanno dato segnali di inquietudine: Non credo che sia nelle intenzioni del presidente Montezemolo, persona equilibrata e attenta a quanto accade nell’organizzazione, di liquidare quello che è successo come se nulla fosse.
Per chiudere, sulla presunta claque azzurra, arriva anche la testimonianza di Gustavo Selva: Io a Vicenza c’ero. Conosco bene il Veneto, anche per avervi diretto “Il Gazzettino” e, come cronista, di una cosa sono certo: non c’erano truppe cammellate, convocate per applaudire Berlusconi e per fischiare Della Valle. Le idee di Berlusconi, alternative alle sinistre, per lo sviluppo economico, imprenditoriale e sociale, sono quelle approvate con gli applausi dalla quasi totalità dei medi e piccoli imprenditori italiani, conclude Selva. Insomma, i segnali che arrivano dagli imprenditori del nord-est sono chiari: non è in discussione la leadership di Montezemolo ma l’autonomia decisionale degli iscritti.

Quanto poi alla presunta convocazione di una claque forzista (notizia ripresa più e più volte nei giorni scorsi da telegiornali e quotidiani, che come è noto sono sotto l'egemonia e il controllo di Berlusconi), oltre ad essere smentita da una delle dichiarazioni testè ricordate, cozza con la più semplice e potente delle armi a disposizione dell'uomo: la logica. In effetti per partecipare al Convegno di Confindustria era necessario accedervi per invito (scaricabile dal sito di Confindustria) e bisognava superare stretti controlli all'ingresso. Soprattutto però, nonostante Berlusconi se ne corrucci, il teletrasporto non gli riesce ancora: le 250 persone di cui i giornali hanno ridicolmente parlato sono dovute entrare dalla porta d'ingresso! Ovviamente, senza che nessuno se ne accorgesse... Per maggiori chiarimenti prego leggasi qui.

Insomma, i mezzi di comunicazione (che sono sempre controllati da Berlusconi) ci raccontano quello che vogliono: anche che imprenditori e industriali italiani sono contro un governo di centrodestra. A parte il fatto che si tratta di una menzogna (consulta il sondaggio), ci racconteranno anche che gli applausi ricevuti da Berlusconi non possono essere stati frutto spontaneo di ammirazione e fiducia da parte degli industriali (si è infatti usato l'espediente della claque azzurra). Ora ci racconteranno anche che Prodi taglierà il cuneo fiscale di 10 punti ma lascerà l'Irap lì dov'è . E gli industriali continueranno a votarlo. Proprio come hanno fatto finora.

Nella foto, 2010: un industriale che nel 2006 scelse di votare per Prodi.

giovedì, marzo 16, 2006

[POLITICA] Un uomo che non ha nulla da chiedere.

Durante il recente confronto televisivo con Berlusconi, Prodi ad un certo punto ricorda che lui alla vita non ha più nulla da chiedere: è stato Presidente del Consiglio, Presidente della Commissione Europea, ecc. ecc. (come se il suo antagonista invece fosse un paria della società che non sa come ammazzare il tempo...). Sul suo sito però la biografia del noto economista emiliano è fin troppo stringata. Riporto di seguito questo articolo tratto da Schegge di Vetro (quindi non l'ho scritto io) che illuminano d'immenso la figura del Professore pre-entratainpolitica. Faccio umilmente notare che i passi riportati nel finale sono reali!


Siccome la biografia ed il curriculum professionale di Prodi sono riportati in modo troppo sintetico sul suo sito, ho pensato di fare cosa gradita nel dedicargli qualche messaggio che possa fare - come dire? - da “integrazione ed approfondimento” circa gli storici meriti di un uomo che, fino ad oggi, ha raccolto molto meno di quanto avrebbe meritato.

Il primo della serie riguarda il suo passato imprenditoriale perché la sua esperienza dimostra come competenza, serietà e limpidezza morale siano la sola strada percorribile per salire le scale del paradiso del Potere.

L’esperimento a cui mi riferisco si chiama NOMISMA, società di consulenza che il Professore fonda nel 1981, sotto l’ala protettrice di Nerio Nesi, assieme a BNL: capitale iniziale 500 milioni di vecchie lire di cui ben cinque versati da Prodi (gli altri 495 ce li mette la Banca).

In quegli anni, Nesi è Presidente della BNL e Prodi di BNL è il consulente economico. Ovvio che la Banca abbia scelto persone conosciute e di fiducia per realizzare questa operazione. Tuttavia, probabilmente per non dare il destro alle malelingue, già il giorno dopo Prodi cede le sue quote alla BNL e resta come Presidente del Comitato Scientifico. L’operazione, grazie alle grandi capacità del futuro “Professore”, ha successo.

Il primo esercizio segna un fatturato vicino ai due miliardi di lire, il secondo quattro e cinque nell’84. Di cosa si occupa, nello specifico, NOMISMA? Della “potentia coeundi” dei somari somali e delle velocità medie di cammelli e ovini nel deserto (incarichi del Ministero degli Esteri, Dipartimento per la Cooperazione).

Nel frattempo, Prodi, grazie ai successi delle ricerche di NOMISMA, guadagna i galloni di Presidente dell’IRI (che manterrà fino al 1989, ma di questo si parlerà prossimamente) e l’IRI, assieme al solito Ministero, all’ENEL, l’odierna TELECOM ITALIA, ed altri grandi clienti, sommergono NOMISMA di richieste di consulenza. Soltanto i soliti malpensanti ipotizzano che tutte queste consulenze siano, in qualche modo, legate al ruolo ricoperto da Romano Prodi il quale, però, forte del suo carisma, riesce a mettere a tacere sia la Corte dei Conti (organismo reazionario che, subdolamente, si chiede come mai si debbano appaltare all’esterno lavori che potrebbero essere svolti agevolmente anche con risorse interne) che il Collegio Sindacale dell’IRI che, nel 1985, certamente sobillato dai detrattori del Presidente, si permette di rilevare:

"...l'eccessiva frammentazione e ripetitività degli incarichi conferiti a soggetti diversi relativamente ad argomenti sostanzialmente identici..."

fino a giungere, con una manovra vergognosa, a chiedere di verificare se queste consulenze siano state effettivamente prestate.

Nel 1989, Prodi lascia la Presidenza dell’IRI, disgustato giustamente da questo clima di feroce antipatia, ma resta saldamente al timone di NOMISMA. E’ un momento difficile, la società entra in crisi e i clienti nicchiano. Ma, dopo tante difficoltà, nella gestione delle quali Prodi dimostra tenacia e incrollabile volontà, arrivano le Treno commesse del TAV (Treni Alta Velocità) che incaricano NOMISMA di stabilire che senso abbia realizzare il progetto.

E qui, il Professore dà il meglio di sé. Cinquemilacinquecento pagine di rapporto (39 volumi) che, a detta di coloro che li hanno letti, costituiscono una pietra miliare nella storia dell’analisi economica. Costo del lavoro di NOMISMA nemmeno esagerato, appena 9,7 miliardi di lire. Tra i principali risultati prodotti dallo studio, occorre ricordare i seguenti passi:

1. “Un treno che viaggia a 300 km all’ora impiega metà tempo di uno che procede a 150 km orari a percorrere lo stesso tragitto”;

2. “Più alta è la velocità, maggiore è il rischio di incidenti”;

3. “Il beneficio dell’alta velocità è la velocità”;

4. [a proposito della Stazione Termini]: “La zona era, un tempo, linda e simpatica, ma poi si è degradata”;

5. “La velocità consente di risparmiare tempo”;

6. “Quattro corsie, o binari, consentono più scorrevolezza di due o una

7. “Il posizionamento frontale dei seggiolini facilita la socializzazione”.

Nel 1995, a causa dell’accresciuto impegno in politica, Prodi lascia la Società dove, ancora oggi, è ricordato, con rimpianto, come uno dei più grandi economisti del secolo. Ma il Paese ha bisogno.

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[POLITICA] La disfida.

Non c'è tempo. Avverto che la lettura di questo post può durare al massimo 2 minuti e 30 secondi e ogni vostro eventuale commento deve essere redatto in non più di una trentina di secondi. Siate dunque molto veloci. Si tratta di regole che tutti hanno il dovere di rispettare.
L'ho visto anch'io (come forse si poteva intuire dalle righe sopra) il confronto, il big match di martedì scorso, Romano vs Silvio. E anch'io, come molti di voi, mi sono annoiato. Mi sono annoiato di fronte ad un format fasullo, di fronte ad una scenografia spoglia (volutamente, ma perché mai?), di fronte a due giornalisti (!) impietosi, di fronte a due politici che nulla hanno fatto per far capire al pubblico qualcosa di più . Berlusconi la sera prima si era ingurgitato 2/3 fogli Excel e (ad intervalli regolari di 150 secondi) sputava fuori riga per colonna i dati memorizzati nel .xls. Non è stato molto vicino alle esigenze del pubblico. Prodi, dall'altra parte, (lui i fogli Excel non sa neanche cosa siano, lui e la modernità sono antitetiche) di numeri non ne ha proposti nemmeno uno, ha fatto arringhe semplici ad essenziali (parlando di progetti irrealizzabili, ovvio), forse più dirette al comprendonio degli ascoltatori. Quello che mi sarei atteso da Berlusconi (commenti più emozionali che logici, discorsi più filosofici che pratici, insomma tutto quello che fa più presa sul famigerato partito degli "indecisi"), martedi l'ha detto e fatto Prodi.
Ma ora spiegatemi: come si fa a discutere di politica fiscale in 2 minuti e 30 secondi? Come si fa a parlare di immigrazione in 2 minuti e 30 secondi? E' impossibile, infatti martedi nessuno l'ha fatto nessuno: nè Prodi (nonostante per ben due volte sia stato stimolato da Napoletano sul reperimento dei fondi per coprire la mitica riforma del cuneo fiscale), nè Berlusconi (il quale più che dell'Italia del futuro ha parlato dell'Italia dal '96 ad oggi ). Le regole, anche ferree e stringenti come queste, vanno bene (perché finalmente ognuno parlava quando era il suo turno e le voci non si sovrapponevano: effetto-Annunziata scongiurato), ma è necessario un po' di buonsenso nel proporle. Qualche minuto in più per ogni intervento sarebbe stato auspicabile: si sarebbe favorito chi ha veramente qualcosa da dire e da spiegare agli italiani (anche ad un certo livello di dettaglio, perché no?) e non chi, cavalcando l'onda dell'insoddisfazione, racconte favole affascinanti ma irrealizzabili proprio perché tali.

Nella foto, il vero vincitore del confronto Berlusconi-Prodi

lunedì, marzo 13, 2006

[POLITICA] La Rai controllata.

Ora è ufficiale. Dopo l'outing del Corriere della Sera, ieri abbiamo appreso che anche la Rai è controllata da Berlusconi. Ieri abbiamo scoperto che il Presidente del Consiglio ha fortissime ingerenze sull'emittente di Via Mazzini e su RaiTre in particolare. Probabilmente lo abbiamo capito fin dall'inizio. Non c'è stato bisogno di mezz'ora di In 1/2 Ora...Pochi minuti e il controllo mediatico di Berlusconi sulla trasmissione della Annunziata è apparso ai più subito patente.

Per i pochi a cui ieri fosse sfuggita la notizia, un'intervista presso lo studio di In 1/2 Ora, trasmissione di approfondimento politico condotta dall'ex presidente Rai Lucia Annunziata (già giornalista de Il Manifesto e la Repubblica, quotidiani anche questi notoriamente vicini al pensiero berlusconiano) è stata interrotta dallo stesso Presidente del Consiglio.

Si preannunciava come un dialogo spigoloso quello tra la Annunziata e Berlusconi, in primis per le note ostilità ideologiche della giornalista stessa (che da sempre si dichiara di sinistra e lavora per la sinistra). E non ci è voluto molto a capirlo. Ammaestrata in maniera ineccepibile da anni di RaiTre (rete della quale la maestra Annunziata fu a suo tempo anche direttrice), la Annunziata parte subito all'attacco incalzando il suo interlocutore con domande ficcate e precise. Fin qui nulla di trascendentale: la Annunziata esercita in qualche modo il mestiere di giornalista (ci si potrebbe però domandare perché mai la bella Lucia riservi i suoi bollori solo a taluni ospiti...). Ma per quale motivo non lasciare parlare il rispondente? Ma per quale motivo interferire con i propri commenti sulla voce altrui? Ma per quale motivo tentare di innervosire l'intervistato con domande che poco hanno a che fare con il momento politico, e per giunta non voler poi ascoltare le risposte? Ecco: questo è il punto. In una conversazione ci si aspetta che chi pone una questione abbia dopo anche la voglia e la pazienza di ascoltare un'eventuale risposta. Se poi tale risposta non è completamente soddisfacente, nulla vieta (anzi, il buon giornalismo lo impone) di riformulare la domanda e attendersi un'altra risposta. Ma per quale motivo interrompere chi sta parlando? Berlusconi si innervosisce (e vorrei vedere chiunque a non riuscire ad esprimere un pensiero più lungo di una quarantina di secondi perché c'è qualcuno che te lo impedisce), avverte che o gli viene consentito di parlare oppure lui alza i tacchi e se ne va. E qui il coup de théâtre di Lucia Annunziata: lo guarda negli occhi (!) e gli rammenta che questo lui non può farlo. Gli intima di ritirare questa affermazione. Già . E perché mai, dott.ssa Annunziata? Ma per quale motivo il Presidente Berlusconi non può prendere ed andarsene? Interrogativi che restano aperti. Per la cronaca, Berlusconi saluterà sorridente la giornalista e si allontanerà poi dallo studio (i microfoni lo colgono dire "E la Rai sarebbe controllata da me?!?").

A poco servono i commenti di chi afferma che la colpa dell'accaduto è del Premier: nulla può consentire ad un impiegato del servizio pubblico di sormontare insistentemente e reiteratamente con la propria voce gli interventi altrui. Se credi che l'altro non abbia risposto nel modo più accurato, gli poni nuovamente la domanda.
Altrimenti, cara Annunziata, lui prende e se ne va. E mi consenta, dott.ssa Annunziata, ognuno può comportarsi e parlare come meglio crede. E' quella che, per ora, si chiama democrazia. Speriamo perduri anche in futuro.

Nella foto sopra: una giornalista controllata da Berlusconi.

venerdì, marzo 10, 2006

[POLITICA] Il Professore che non insegna.

Il seguente brano è estratto dal blog Schegge di Vetro (leggilo anche qui). Non l'ho scritto io, ma mi piaceva e ve lo posto :


Avevo deciso di non infierire. Ho volutamente omesso di parlare di Fassino e della di lui "Consorte", della superiorità morale della sinistra, del conflitto di interessi a Prodi2 senso unico, del silenzio degli intellettuali e dei leader dell'attuale opposizione di fronte alla nauseabonda vicenda della scalata bancaria mancina (non meno olezzante di quella "destra"), ma la lettera di oggi pubblicata sulla Stampa a firma Romano Prodi ha varcato il limite del decoro.

Ora, io capisco la necessità di provare una difesa, ma qui si esagera supponendo che tutti gli Italiani (inclusi coloro che gravitano attorno all'Ulivo, o all'Unione o come accidenti si chiama) siano una combriccola di fessi pronti a bersi qualsiasi panzana. Cito un passo:

Perché esiste ancora una maggioranza, una massiccia maggioranza, di Italiani per bene (per bene, non perbenisti), di cittadini onesti (moralmente onesti e non moralisti) che si stanno rivolgendo a noi proprio in ragione del fatto che alla classe dirigente del centrosinistra riconoscono una maggiore tensione morale, un più forte senso dello Stato e del bene comune; che guardano a noi con fiducia nella speranza di non essere più governati in regime di conflitto di interessi, di non vedere più le Camere umiliate nell'approvare a colpi di fiducia leggi ad personam, ma di vedere di nuovo all'opera una classe dirigente animata da spirito di servizio e - termine forse desueto, ma che vale la pena di rispolverare e rivalutare - da amor di Patria.

Ma davvero, Professore? E' davvero convinto che si possa continuare a scrivere una fesseria del genere senza paura di passare per disinformato - nel migliore dei casi - o in malafede? Specie da Lei, esimio Professore, che ha la memoria inversamente proporzionale alla lunghezza del naso quando parla di leggi "ad personam", dimenticando la riforma dell'abuso d'ufficio proposta dal Suo Avvocato (Ministro della Giustizia) quando Lei era Premier e tosto approvata. Non Le risparmiò qualche grattacapo? Fece sul serio gli interessi patrii regalando enormi pezzi di IRI agli amichetti Suoi e della defunta sinistra democristiana?

"Maggiore tensione morale", "spirito di servizio", "conflitto di interessi" e "amor di Patria" sono concetti che, usciti dalla Sua penna, fanno sorridere al termine di una giornata di onesto lavoro (se trascorsa senza soverchi problemi), ma incazzare terribilmente - perdoni il linguaggio da trivio - se soltanto si è incappati in un ascensore occupato.Fassino

Lei dice che un politico debba essere informato sui movimenti che possano cambiare il quadro economico, che questo è normale. Vero, ma dopo aver ricevuto le informazioni, Lei trova moralmente superiore commentare "siamo padroni di una banca"?

E poi la chiusa.... Ma Santi Numi! Anche il ".....fumus persecutionis, fumus che innegabilmente esiste...". Bravo! Proprio come il Suo Compagno di merende Fassino, che urla all'aggressione.

Io non sono tra i Suoi elettori (se vi fosse ancora qualche dubbio in proposito), ma non so come la penseranno quelli che avevano quasi deciso di barrare la casella con il simbolo che avrebbe dovuto mandarLa a Palazzo Chigi. Specie dopo aver sentito lo stridìo dei Suoi artigli sullo specchio stampato sul quotidiano torinese. Io non credo la prenderanno benissimo, non tutti almeno, ma più di quanti Lei e Pierino abbiate ragione di supporre.

Con la Sua lettera, Signor Prodi, ha finito di essere semplicemente ridicolo. Ha toccato il grottesco, mettendosi nelle condizioni di beccarsi una nota sul registro da parte del Cavaliere di Arcore senza poter nemmeno replicare un "bao".

Avrebbe potuto scrivere tante altre cose, ad esempio: "Scusate, abbiamo toppato!". Forse i suoi non avrebbero dimenticato, ma gliel'avrebbero perdonata. Forse qualcuno da destra avrebbe notato la differenza alla quale Lei tanto dimostra di voler tenere.

Invece, eccoLa qua, a pretendere di dar lezioni di stile e a legittimare in modo autoreferenziale per Sè e per la Sua parte la patente di Migliori.

Sa cosa credo che succederà il prossimo 9 aprile? Che "....la maggioranza, la massiccia maggioranza, di Italiani per bene (per bene, e non perbenisti)", non le timbrerà il biglietto. Perchè, se proprio dobbiamo avere personaggi discutibili al Governo, a questo punto è meglio Berlusconi. Per due motivi: il primo è che ha il buon gusto di non farci paternali, sapendo di non averne i titoli; il secondo è che, con la bandana, almeno ci fa ridere.

Al Suo schieramento riserveranno sì una croce, ma non quella che crede Lei.

Con immutata disistima.

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(Nelle foto, due persone moralmente superiori)


giovedì, marzo 09, 2006

[POLITICA] Il Corriere di Prodi.

E' di ieri l'editoriale di Paolo Mieli sul Corriere della Sera che invita i lettori del suo quotidiano a votare per il centrosinistra. Come era lecito attendersi (e forse, diciamoci la verità, era proprio questo che voleva il direttor Mieli), sono arrivate puntuali le polemiche da parte di molti esponenti della Casa delle Libertà . Addirittura nella puntata di ieri sera di Porta A Porta, il premier Berlusconi ha affermato che non si è scoperto nulla di nuovo, che i lettori del Corriere ben sapevano, leggendo il loro quotidiano preferito, di avere tra le mani qualcosa di "molto simile all'Unità". E forse Berlusconi ha colto nel segno. Ma il punto, a mio parere, non è questo. L'editoriale di Mieli deve far riflettere. Per più di una ragione.
Il direttore scrive: "[...]siamo convinti che la coalizione costruita da Romano Prodi abbia i titoli atti a governare al meglio per i prossimi cinque anni anche per il modo con il quale in questa campagna elettorale Prodi stesso ha affrontato le numerose contraddizioni interne al proprio schieramento". Siamo proprio sicuri che i lettori del Corriere (mi annovero anch'io in questo gruppo) siano proprio così allocchi? E' proprio convinto il direttor Mieli di non aver scritto delle castronerie? Siamo proprio certi che sia quella raccontata nell'editoriale la realtà dei fatti? Se sì, non se n'è accorto nessuno. Affrontare le numerose contraddizioni interne non vuol dire produrre un programma di 281 pagine, raffazzonato per accontentare (sulla carta, si sa) il maggior numero di partiti possibili. Affrontare le numerose contraddizioni interne non vuol dire non essere d'accordo, ancor prima di iniziare l'avventura al Governo, su Iraq, Pacs, Tav, et similia. Affrontare le numerose contraddizioni interne non vuol dire essere compiacenti di fronte all'impossibile, dare un colpo alla botte e uno al cerchio: diminuire il cuneo fiscale di 5 punti percentuali senza toccare i costi previdenziali (Rifondazione non approverebbe: e se Rifondazione dice no, Prodi saluta la poltrona).
Inoltre, come si permette Paolo Mieli ad esprimere una sua personale opinione in un Paese (i sinistroidi amamo dimostrare quasi quotidianamente che i media sono imbrigliati da Berlusconi) in cui la libertà di espressione/stampa non esiste? Oppure essa appare e scompare come le lucette intermittenti su un albero di Natale? Oppure, peggio ancora, c'è la libertà di parteggiare per le sinistre, ma non quella di esaltare l'operato di un governo (unica colpa dell'esecutivo: essere di centrodestra)? Proviamo anche solo a immaginare quali sarebbero state le reazioni ad un editoriale "a parti invertite". Si sarebbe inneggiato al controllo del Presidente del Consiglio sui media, al regime tout court (è già tristemente accaduto tutto ciò, la mia non è una prospettiva astratta).
La partita per le elezioni di aprile non è, ovviamente, ancora chiusa. Ma questi atteggiamenti ipocriti e contraddittori che caratterizzano molta parte della sinistra odierna influiranno sul voto primaverile. E come può sperare Mieli che persone anche solo distrattamente vicine al mondo della politica non traggano le dovute conclusioni da simili comportamenti?

martedì, marzo 07, 2006

[POLITICA] La singolarita' di Montezemolo.

Leggo dal sito del Corriere della Sera:
Non deve essere piaciuta a Silvio Berlusconi l’intervista del presidente della Confindustria, Luca Cordero di Montezemolo, pubblicata domenica dal Sole 24 Ore nella quale il leader degli imprenditori parla di un’Italia che «non va» e di un governo che per la competitività delle aziende ha fatto «poco o nulla». E così ieri, dai microfoni di Telelombardia, il presidente del Consiglio ha replicato. Con durezza. «Quella fatta da Montezemolo al governo non è la critica degli industriali italiani, ma la critica di Montezemolo. La grande maggioranza degli industriali non teme né per il proprio futuro né per quello della propria azienda».

Spieghiamo perché Montezemolo sbaglia. E' peraltro abbastanza curioso che a smentire il Presidente di Confindustria sia un quotidiano molto vicino a Confindustria stessa, proprio quel Sole 24 Ore che, solo qualche settimana fa, pubblicava i risultati di un'inchiesta realizzata fra gli imprenditori italiani (consultala qui). Subito i risultati: il 42% dichiara di voler votare il centro destra guidato da Silvio Berlusconi e il 29% il centro sinistra guidato da Romano Prodi. Disaggregando i dati si può notare che nell'industria, e soprattutto nel commercio, prevale nettamente il voto per la Cdl. Nemmeno la dimensione aziendale pesa così tanto sul voto, ma anche in questo caso una relazione esiste: tra gli imprenditori piccoli e medi prevale la Cdl, mentre tra i titolari di aziende sopra i 50 dipendenti prevale il voto per l'Unione. Insomma, chi fattura di più vota a sinistra (è probabilmente anche il caso del dott. Luca Cordero, forse poco vicino ai problemi economici dei piccoli-medi imprenditori). Le aspettative su un eventuale governo Prodi sono basse nel complesso, ma anche in questo caso vale il colore politico degli intervistati. Chi ha deciso di votare Prodi, come è attendibile, dà un giudizio positivo anche se senza grandi entusiasmi mentre tra gli imprenditori di destra prevale un netto scetticismo.
Ma su argomenti caldi, come costo del lavoro e contratti, per esempio, si registra una ampia convergenza tra imprenditori che votano Berlusconi e imprenditori che votano Prodi.
Per gli uni e per gli altri la riduzione del costo del lavoro e la differenziazione dei contratti per aree geografiche sono priorità condivise. Sul costo del lavoro sono addirittura di più in percentuale gli imprenditori di sinistra a ritenere la sua riduzione come l'intervento di politica economica più favorevole alla loro azienda. E' quindi su questo punto che i politici dei due schieramenti devono assolutamente convergere.
Alla luce dunque di questa disamina sui dati prodotti dal quotidiano economico è impossibile dissentire dalla puntualizzazione del Premier che giudica l'intervento di Montezemolo assolutamente personale, e non descrittivo di un sentimento comune tra gli industriali italiani. Quella di Montezemolo è, insomma, un'anomala singolarità.

[POLITICA] Le nostre priorita'.

Leggo oggi che sul sito de Il Sole 24 Ore è partito un sondaggio in cui i lettori possono indicare quali sono le priorità che loro ritengono che i partiti politici dovrebbero sviluppare nel corso di questa campagna elettorale. Si possono inviare proposte personali all'indirizzo mail ml@ilsole24ore.com. Risponderà il giornalista Mattia Losi.

Secondo me è una buona opportunità per farsi sentire, giacchè le proposte più gettonate saranno poi passate ai politici in persona nel corso di un'inchiesta che Il Sole avvierà lungo questo mese che ci separa dalle elezioni.
Ottima iniziativa da parte dell'unico quotidiano che mi ispira ancora fiducia, che realizza dossier seri, che, soprattutto, accoppia i punti di vista degli studiosi con i dati (numeri finalmente) elaborati dagli esperti. L'informazione si fa così . Per contro, avete mai letto un editoriale di, non so, Eugenio Scalfari su la Repubblica? E' un florilegio di belle parole, di concetti a volte fumosi, ma mai (vado a memoria, ma ce l'ho eccezionalmente buona...) un dato citato.

lunedì, marzo 06, 2006

[CALCIO] 28-esima giornata.

Sabato pomeriggio: per Baglioni è il momento del passerotto, per SuperPippo è tempo delle doppiette. Inzaghi, come spesso accade, toglie le castagne dal fuoco al suo Milan inventando il primo gol contro l'Empoli da vero big del football, e poi arrotonda il risultato (dopo il 2-0 di Sheva-Sempre-Lui) con una fortuita deviazione su punizione dell'ucraino. La questione è sempre quella: "Lippi non far lo stupido staseraaaaa"... L'altro anticipo è Sampdoria-Juventus: basta Nedved alla vecchia Signora per conquistare 3 punti e lasciare, lì in vetta alla classifica, tutto invariato.
Domenica Chievo e Lazio pareggiano 2-2 (doppietta del Tir per i veronesi) su un campo da pallanuoto, il Cagliari conquista un'incredibile vittoria a Livorno con Gobbi che si fa Zidane per 10 secondi e serve a Suazo una palla che l'onduregno "appoggia" in rete a 130 km/h circa, credo. Il derby toscano va alla Fiorentina: Toni timbra il cartellino, pareggia Vergassola, ma la vittoria è colta al 91-esimo grazie a Pazzini in collaborazione con il pessimo portiere senese Fortin. Udinese e Ascoli impattano sull'1-1: Di Natale, entrato da 30 secondi, la mette dentro, poi Domizzi si procura e segna un rigore che neanche il miglior Pippo Inzaghi dei tempi d'oro... In zona retrocessione il Parma continua il suo momento aureo e vince a Messina con il gol dell'australiano Mark Bresciano, la Reggina al 94-esimo batte il Treviso al Tenni con gol del vecchietto Amoruso Nicola. L'unica a vincere delle ultime 4 è il Lecce: una convincente prestazione contro il Palermo di Papadopulo, un gol di Vucinic e del recuperato Guillermo Giacomazzi (finalmente a posto) le consentono di ossigenare la propria situazione di classifica. E se domenica batterà il Messina, la Serie A potrà ricominciare a non essere più un'utopia.
Il posticipo della domenica si conclude 1-1 tra Roma e Inter. I nerazzuri stoppano la marcia trionfale dei giallorossi a 11 vittorie consecutive, ma forse era lecito aspettarsi qualcosa in più dai ragazzi di Mancini. E invece il pareggio al gol di Taddei arriva solo all'89-esimo e lo sigla Marco Materazzi: un gol che risponde sa solo alla domanda "Lippi deve convocarlo ai Mondiali di Germania?". Fermo restando che i due difensori centrali titolari in Nazionale saranno Nesta e Fabio Cannavaro, Materazzi quando fa il gladiatore in una competizione lunga un mese può essere utile, anzi fondamentale.

Il migliore della settimana è Filippo Inzaghi: inutile spendere parole su un fuoriclasse come lui. Resta sempre e comunque tra i più prolifici e costanti attaccanti del mondo. Irrinunciabile.
Il peggiore della settimana è ... qui ci sono due ex equo:
1) Pierre Nlend Wome: lascia le gambe aperte in area dettando il passaggio a Mancini (suo avversario) per Taddei (che doveva marcare lui) e propizia il gol della Roma (ma lui gioca nell'Inter...). Indecente.
2) Marco Fortin: quando avevo 4 anni e volevo fare il portiere, il mio allenatore Gino si raccomandava "Quando pari con i pugni butta la palla sempre verso l'esterno dell'area!". Fortin di anni ne ha 32, ma questa regola non l'ha ancora capita. Pazzini e la Fiorentina ringraziano.

Un riconoscimento speciale, il Premio Olio Cuore per il miglior salto in lungo/in alto va a Maurizio Domizzi dell'Ascoli: avverte la presenza di un difensore udinese e tenta un doppio carpiato in area friulana, nemmeno sfiorato si butta a terra tipo esercizio di ginnastica artistica. L'arbitro assegna il penalty che Domizzi stesso trasforma centrale a 200 all'ora, per non saper nè leggere nè scrivere. Per le prossime Olimpiadi, l'Italia vanterà un tuffatore in più.

domenica, marzo 05, 2006

[VARIE] L'uccello di Sanremo.

Vorrei avere il becco
Per accontentarmi delle briciole
Concentrato e molto attento
Sì, ma con la testa fra le nuvole
Capire i sentimenti quando nascono e quando muoiono
Perciò vorrei avere i sensi per sentire il pericolo
Se tutti quanti lo sanno ma hanno paura che l'amore è un inganno
Oh, ce l'ha fatta mia nonna per 50 anni con mio nonno in campagna
Più o meno come fa un piccione
Lo so che è brutto il paragone
Però vivrei con l'emozione
Di dare fiducia a chi mi tira il pane
Più o meno come fa un piccione l'amore sopra il cornicione
Ti starei vicino nei momenti di crisi
E lontano quando me lo chiedi
Dimmi che ci credi e che ti fidi
Un giorno avevo il vento che mi accompagnava su una tegola
A volte sono solo e mi spavento, cosa ci fanno due piccioni in una favola?
Se tutti quanti lo sanno ma hanno paura che l'amore è un inganno
Oh, me l'ha detto mia nonna
"Lo sai quante volte non pensavo a tuo nonno�"
Più o meno come fa un piccione
E mica come le persone che a causa dei particolari
Mandano per aria sogni e grandi amori
Camminerò come un piccione a piedi nudi sull'asfalto
Chi guida crede che mi mette sotto
Ma io con un salto all'ultimo momento
Volerò ma non troppo in alto
Perché il segreto è volare basso
E un piccione vola basso
Ma è per questo che ti fa un dispetto
Ma è per questo che anche io non lo sopporto
Noi però alla fine resteremo insieme
Più o meno come fa un piccione
L'amore sopra il cornicione
Ti starò vicino nei momenti di crisi
E lontano quando me lo chiedi
Dimmi che ci credi
Ci sveglieremo la mattina, due cuori sotto una campana
.

Questa canzone ha vinto il 56-esimo Festival della Canzone Italiana di Sanremo. Ho evidenziato le parti, per così dire, salienti del testo. A parte il massacro dell'italiano, ma cosa vuol dire tutto quello che c'è scritto? E ancora, chissà come mai il Festival perde spettatori ogni anno che passa.....Chissà, chissà, chissà.....

sabato, marzo 04, 2006

[POLITICA] Maledetto Ingegnere.

In questi giorni ho letto il libro scritto da Roberto Castelli in collaborazione con la giornalista Erminia Frigerio. Titolo: Maledetto Ingegnere, edito da Casa Editrice Salvadori. In realtà si tratta di un libercolo di non più di 100 pagine, che colleziona estratti di agenzie di stampa, dichiarazioni, trascrizioni di registrazioni televisive, con commenti (spesso insulti, per lo più gratuiti) che gli avversari politici hanno riservato in questi 5 anni al Ministro della Giustizia Castelli. In più, i passi maggiormente significativi sono analizzati a mio avviso con intelligenza e arguzia da Castelli stesso.
Premetto che non avevo molte informazioni riguardo il Guardasigilli italiano, e la lettura di questo testo (insieme a ricerche personali) è stata una buona occasione per aumentare la mia conoscenza su di lui.
Tenterò in questo breve post di passare in rassegna i brani più significativi, per i quali credo valga la pena di spendere qualche commento.
In primis si rinfaccia a Castelli la sua laurea in Ingegneria Meccanica e i suoi studi che gli hanno impedito di avere una profonda conoscenza del diritto giuridico (per inciso, Castelli si diploma presso il prestigioso liceo Classico "A.Manzoni" di Lecco a pieni voti, consegue cum laude la laurea in Ingegneria Meccanica e frequenta numerosi corsi di specializzazione post lauream in vari Paesi del mondo, tra cui Stati Uniti d'America e Inghilterra). Castelli risponde così: "E' davvero triste che per anni il termine ingegnere sia stato usato con disprezzo. Quasi che ingegnere fosse sinonimo di beota. [...] Ricordo che la maggioranza dei dirigenti italiani è composta da ingegneri, e non per caso. La nostra preparazione infatti ci mette in condizione di saper analizzare i problemi e di risolverli meglio di chiunque altro, mentre la difficoltà e la vastità degli studi fatti ci ha allenato a saper apprendere rapidamente. Sfido chi per anni ha sbandierato la mia inadeguatezza al ruolo che ricopro a elencarmi quali sono i compiti del ministro della Giustizia. Cosa prevede in proposito la Costituzione? Pochi sanno che quello della Giustizia è l'unico ministro citato dalla nostra Magna Charta. L'articolo 110 recita infatti: Ferme le competenze del Consiglio Superiore della Magistratura, spettano al Ministro della Giustizia l'organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia. La Costituzione non parla, a proposito del ministro della Giustizia, di codici e pandette, bensì di organizzazione e funzionamento dei servizi. Quindi chi meglio di un ingegnere o, latu sensu, di un manager può organizzare servizi?". Castelli poi ricorda che nel corso degli anni si sono succeduti ai vertici del dicastero spesso giuristi, esimi e competenti fuor di dubbio, ma digiuni di conoscenze su tecniche di ottimizzazione di risorse, costruzione di palazzi di giustizia e penitenziari, etc. (Un mio personale appunto: prima di Castelli fu ministro della Giustizia Piero Fassino, noto scienziato politico, questa sì laurea di cultura e competenze giuridiche...). In generale sono abbastanza d'accordo con le parole del Ministro riguardo alla figura dell'ingegnere (i miei sono studi ingegneristici quindi so di prima mano di cosa parla Castelli), ma poi se anche la Costituzione Italiana è così chiara su questo tema, le conclusioni dovrebbero giungere da sole per gli uomini di buona volontà...
Un altro curioso aneddoto ricordato si riferisce all'applicazione della legge ex Cirielli, varata da Castelli. Supponiamo di prendere in esame 102 reati. Di questi 100 sono lievi (quindi per legge la prescrizione non si applica). Sugli altri 2 la Cirielli ha effetto e uno dei due si prescrive. Poniamoci la domanda: "Quali sono gli effetti della nuova legge sui procedimenti in corso?". Si deve prendere in considerazione la massa totale dei procedimenti e su di essa calcolare la percentuale di prescrizioni: [(1/102) x 100]=0.9%. Ma la Corte di Cassazione come ha invece elaborato le percentuali di applicazione? Ella prende in esame SOLO i reati su cui la Cirielli ha effetto: nel nostro caso [(1/2) x 100]=50% ! Inutile sottolineare quale dei due approcci è quello corretto (per chi ha un po' di dimestichezza con il calcolo combinatorio il secondo metodo fa sorridere), ma per giorni sui principali quotidiani nazionali si ergevano in prima pagina le percentuali della Cassazione...
Infine mi sembra opportuno citare anche il paragrafo in cui Castelli analizza il caso Sofri. Qui mi risulta impossibile (per limiti di tempo e spazio) mettere a fuoco con precisione il problema, ma credo che la vicenda sia nota ai più. Almeno nei suoi tratti essenziali. Probabilmente quello che molti non sanno è che Adriano Sofri e i suoi avvocati non hanno mai presentato richiesta di Grazia al Presidente della Repubblica. Giova ricordare che, vigendo in Italia lo stato di diritto, una persona è colpevole se viene ritenuta tale in tutti i gradi processuali: Sofri lo è (malgrado lui si sia sempre dichiarato innocente). Castelli nelle pagine del suo libro rammenta quali sono gli elementi che, di prassi, si necessitano per avviare una procedura di grazia: l'aver scontato una parte significativa della pena, l'aver presentato domanda di grazia, l'aver ottenuto il perdono dei parenti della vittima e il parere favorevole dei magistrati competenti. Nella pratica in questione mancano tuttora il congruo numero di anni scontati e una chiara presa di posizione della famiglia di Calabresi (il magistrato trucidato su commissione di Sofri). Intervenne poi il fatto eccezionale della malattia di Sofri: ma non dimentichiamo che nel momento in cui leggete Sofri è un uomo libero, non più gravato dalle sofferenze del carcere. Ma allora alla luce di quanto su esposto, mi domando, perchè tutta la polemica? Forse fu usato questo caso ad uso strumentale? Forse... E in ultimo la domanda: perchè mai chi ora è all'opposizione (mi riferisco agli ex ministri della Giustizia Oliviero Diliberto prima e Piero Fassino poi) e grida allo scandalo per il parere negativo espresso da Castelli sulla grazia a Sofri, quando ne aveva i mezzi e il potere non portò a compimento la pratica? A noi mortali non è dato saperlo...

giovedì, marzo 02, 2006

[POLITICA] I professionisti a destra.

Troppo spesso sentiamo dire che la cultura appartiene alle sinistre. Troppo spesso ci ripetono che una grande maggioranza dei voti che non vanno a sinistra derivano dalle casalinghe o dai pensionati, drogati, loro malgrado, di tv. Il Sole 24 Ore di ieri, 1 Marzo 2006, pubblica invece un interessante sondaggio che sembra stravolgere i vecchi adagi che per anni hanno fatto la fortuna dei progressisti, adagi ai quali, diciamoci la verità, neanche loro credevano veramente. La statistica è consultabile anche on line (Il fisco non spaventa i professionisti), sul sito del quotidiano economico di Confindustria, e pone questioni di carattere politico ai professionisti italiani (medici, avvocati, ingegneri, architetti ma anche infermieri professionali, geometri, giornalisti).
Espongo qui di seguito alcuni dati che mi paiono interessanti: il 58% dei professionisti ha espresso un giudizio positivo sull'operato del governo Berlusconi nel quinquennio 2001-2006, mentre il 70% ha poca fiducia nelle capacità del centrosinistra di reggere il timone del Paese qualora vincesse le elezioni nella prossima tornata elettorale. Solo il 24% del campione si è dichiarato propenso a optare per l'Unione di Prodi nell'urna. Il 67% si è dichiarato soddisfatto dell'andamento economico della propria attività. Il 37% del campione crede che sia necessario rafforzare il sistema del welfare anche a costo di pagare più tasse, mentre il 32% ritiene opportuno abbassare le aliquote in ogni caso. Una risposta che non deve sorprendere se si pensa che molti professionisti hanno uno stretto rapporto (anche e soprattutto di natura economica) con la pubblica amministrazione. Non lascia adito a dubbi poi il dato per il quale il 92% considera l'inefficienza del settore pubblico una priorità da affrontare così come il 56% vuole una riforma radicale degli ordini professionali. Possiamo forse spingerci oltre, ipotizzando che esista una larga fetta di popolo silenziosa, la quale non vota per Prodi e per i suoi alleati, e addirittura li teme.

Come al solito, io non sono particolarmente fiducioso nella bontà di realizzazione dei sondaggi: troppe variabili possono essere malamente considerate a seconda di chi commissiona una particolare rilevazione statistica. Qui in parte il problema non sussiste: in primis perché il campione è più facile da selezionare (e.g. non si devono esaminare in egual numero pensionati, operai, casalinghe, imprenditori, ecc) visto che si tratta volutamente di una specifica classe sociale. In secondo luogo i risultati presentati sono fortemente orientati verso un'idea ben definita (non sono pochi punti percentuali di differenza, spesso anzi si parla di decine...). Ad ogni modo il dato che emerge è ben chiaro: all'aumentare della scolarizzazione i voti vanno sempre di più a destra. Sia ben chiaro: qui nessuno vuole lasciare intendere la superiorità intellettuale dei laureati nei confronti dei lavoratori semplici. Solo ci si domanda: al contrario di quello che ci vogliono far credere, di intellettuali a sinistra ci sono rimasti solo filosofi e pochi altri?

[CALCIO] L'Italia fa poker.

Italia-Germania 4-1. C'è poco da dire: la Germania gioca una delle partita più brutte che la storia calcistica ricordi, e se ne torna a casa con un pesante passivo in saccoccia.
L'Italia parte subito forte segnando 2 gol nei primi 7 minuti. Prima Gilardino infrange dopo 180 secondi l'imbattibilità di Lehmann (ve lo ricordate il "portierone" in rossonero?), poi lo stesso Gila serve un assist d'oro al solito Luca Toni che non fallisce la marcatura nello stadio di casa (si giocava all'Artemio Franchi di Firenze). E la mano ruota di nuovo vicino all'orecchio.
Settimo minuto del primo tempo: Italia 2, Germania 0. La partita si conclude qui. Accademia degli azzurri che giocano un calcio veloce e spesso spettacolare. Gran merito va dato a mister Lippi che, noncurante dei rischi della vigilia, schiera un tridente d'attacco (Toni-Gilardino-Del Piero) brillante e un centrocampo (Camoranesi-Pirlo-De Rossi) che è tutto fuorchè contenitivo. I fatti gli hanno dato ragione, ma c'è da immaginare che con una squadra più compatta della Germania vista ieri non sarebbe stato tutto così ridicolmente facile.
Nel frattempo c'è gloria anche per il romanista De Rossi, bravissimo a segnare di testa la rete del 3-0. A inizio ripresa, nonostante i cambi proposti dalla Germania (Metzelder per Mertesacker e Asamoh per Podolski), arriva il poker siglato da Alex Del Piero: zuccata in torsione su assist di Mauro German Camoranesi. Poi diventa un match d'allenamento: cambi a go-go e schemi fuori uso. Negli ultimi 10 minuti il ct Klinsmann decide di togliere le sagome dal campo e di far entrare i calciatori veri: arriva il gol da calcio d'angolo di Huth (Buffon sfortunato) e un altro paio di occasioni. Ma finisce 4-1. Non c'è stata storia.

Sale il morale degli Azzurri in vista della spedizione Mondiale. Molto dipenderà dalle definitive scelte di Lippi: fin'ora è andato tutto per il verso giusto, ma siamo sicuri che convocare questo Iaquinta sia proprio meglio di tenersi da parte un asso come Pippo Inzaghi? E Zaccardo in fascia è veramente più devastante di Oddo o Panucci (campionati fantastici con Lazio e Roma)? Attendiamo, augurandoci che il buon Marcello metta da parte gli asti personali e regali un biglietto per Berlino ai giocatori realmente più in forma. In attesa di un certo Francesco Totti: attendiamo le sue evoluzioni su ben altri teatri che non l'Ariston di Sanremo (a proposito: ma che ci faceva lì? E' così che intende accelerare il recupero?). Italia (la Nazionale...), forza!

mercoledì, marzo 01, 2006

[POLITICA] Quant'e' bella giovinezza.

Silvio Berlusconi nasce a Milano il 29 Settembre 1936. Quest'anno compirà 70 anni.
Romano Prodi nasce a Scandiano (Reggio Emilia) il 9 Agosto 1939. Nel 2006 festeggerà 67 anni.
E' molto preoccupante che i leader i quali si giocheranno il titolo di Capo del Governo il prossimo aprile siano, per così dire, ormai avanti con gli anni. Il nostro Paese non sta affrontando un buon momento sotto molti punti di vista, anche a causa della infausta congiuntura internazionale e delle crisi economiche che hanno colpito le più grandi potenze internazionali. Pare quantomeno strano che gli uomini ritenuti più adatti a tentare di ricondurre in carreggiata la nazione siano un settantenne (anche se porta il cognome che tutti conosciamo) oppure un sessantasettenne come Prodi (che, a dirla tutta, suscitò riserve nei suoi comportamenti anche quando aveva qualche anno di meno...).
E' veramente la soluzione più opportuna il tentativo di non svecchiare la politica italiana, proponendo come leader di coalizioni eminenze grigie appartenenti ad un'età oramai passata? Dall'estero pare ci rispondano di no.
I dubbi che qui solleviamo non possono infatti che aumentare se confrontiamo la nostra realtà con quella degli Stati che ci stanno vicini: Tony Blair ha 53 anni, Angela Merkel è classe '54, in Spagna si sono succeduti prima Aznar (1953) e ora Zapatero (nato nel 1960), il Primo Ministro francese Dominique de Villepin è un cinquantatreenne. Persino in Grecia Konstantinos Karamanlis (1956), il Capo del Governo, è una ventina d'anni più giovane del duo Berlusconi-Prodi.
Il potere logora chi non ce l'ha, ma probabilmente tempi difficili come questi potrebbero incitare i vecchi capi a lasciare spazio a giovani forse più motivati e (perché no?) anche più preparati.
Spesso si dice che i giovani saranno il motore del Paese. Per ora sono mera carrozzeria.